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Il podcast potrebbe sostituire la radio?

today7 Giugno 2022

Sfondo

La febbre da podcast è sempre più alta. Giorno dopo giorno, il podcasting sta cementificando la propria dimensione anche in Italia. Diversamente da Clubhouse, che probabilmente ha esaurito le sue potenzialità nel grande pubblico, questo nuova modalità di fare comunicazione ha trovato un terreno fertile nel quale svilupparsi, tanto da far nascere una nuova professione: il podcast producer.

Tale fenomeno ha investito persino le radio: sono molte infatti le emittenti che ormai stanno producendo podcast indipendenti, che richiamano il nome dell’azienda ma non hanno nulla a che vedere con la consueta programmazione radiofonica. Insomma, fare podcasting sta diventando un lavoro vero e proprio, ha investito l’emittenza radiofonica e sta sempre più riportando in auge la bellezza di lavorare con la voce. Tutto ciò però potrebbe cambiare la radio?

Fare podcast e fare radio sono due cose profondamente diverse

Senza fare troppi giri di parole, andiamo subito al nocciolo della risposta: no, il podcast non riuscirà mai a sostituire la radio. Non ce l’ha fatta la televisione, non ce la farà neanche il podcasting. Banalmente, uno dei motivi per asserire ciò riguarda la natura ibrida del mezzo radiofonico, capace di adattarsi a ogni esigenza dell’ascoltatore. Non ha il supporto dell’immagine, dunque può anche beneficiare di un ascolto distratto quanto attento, che – rispetto al podcasting – può trovare un prezioso alleato nella musica e non costringere il lettore ad avere un’alta soglia di attenzione costante e perpetua per più di 3 minuti. In aggiunta, la radio è un mix di informazioni, musica, curiosità, dirette e personalità che si devono muovere a grande velocità, senza concedersi pause troppo marcate.

Tutte caratteristiche che hanno – in parte – fatto capire che per lavorare con la voce non basta avere un microfono su cui parlare, ma servono strategie, pianificazioni, studio, collante sonoro e via discorrendo. Senza nulla togliere agli altri media, la radio ha dimostrato di avere le giuste qualità per esaltare una voce, ma non in quanto tale, ma come figlia di un progetto. Clubhouse ci ha provato, ma non è riuscita ad andare più in là del proprio naso, divenendo sempre più un oggetto e un argomento di nicchia.

Di contro i podcast hanno saputo convertire i concetti fin qui espressi all’interno di un altro universo: oggi qualsiasi argomento può essere ‘podcastizzato’, purché sia un tema fortemente verticale. Si tratta del requisito minimo che, in parte, spiega la profonda differenza con la radio. Certo, esistono emittenti che fanno di una tematica il proprio mantra, ma hanno costrutti strategici diversi: da una parte può esistere una radio dedicata ai fact-checking delle notizie, così come un podcast dedicato allo stesso argomento, ma la produzione e la strategia di distruzione saranno totalmente diverse, due caratteristiche che – tra l’altro – devono tenere in considerazione anche elementi come la linea editoriale e il target di riferimento. Insomma, ogni mondo ha le sue regole, e non necessariamente significa che ci sarà chi vincerà e chi perderà.

Leggi anche: Creare un podcast partendo da zero: ecco 5 suggerimenti

fare podcast

Lavorare con la voce si può, ma non definisce né la radio né i podcast

All’interno del nostro blog abbiamo più volte sottolineato l’esigenza di parlare di azienda radiofonica, in quanto la stessa presenta delle leggi commerciali, lavorative e pubblicitarie facenti parte unicamente al proprio mondo. E forse è arrivato il momento di instillare questo concetto anche nel podcasting: non possiamo più parlare di semplici audio dove le persone chiacchierano amabilmente, ma di un vero e proprio prodotto generato da un’azienda – che può essere una persona fisica, un vip, una testata giornalistica e molto altro ancora.

I podcast hanno una propria fisionomia e un proprio identikit che non possono (e non devono) essere confusi con la radio. Probabilmente i più profani ritengono che la radio sia sono il conduttore che, di fronte al microfono, spara qualche curiosità casuale, e così accade anche nel podcasting. Ma la realtà dei fatti è che la voce non è un tratto così marcato atto a definire il lavoro radiofonico e dei podcast. Ci sono svariati elementi (molti dei quali sopracitati) che ci fanno intuire quanto parlare al microfono sia solo una facciata e/o un risultato di politiche espresse per far sì che un determinato prodotto funzioni.

In questo caso, la diretta radiofonica e il podcast sono due prodotti fortemente diversi, figlii di strategie comunicative dissonanti, che non si rivolgono alla stessa tipologia di pubblico, e non strizzano l’occhio alle stesse tipologie di investitori. Dunque, il podcasting non potrà mai sostituire la radio, bensì potrà coesistere con essa e creare una solida relazione capace di generare prodotti sempre più ricchi, approfonditi e originali. Alla fine della fiera, non è sempre una gara: a volte, è comunità d’intenti raggiunti con diverse metodologie.

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Scritto da: Angelo Andrea Vegliante

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