Il 2022 è stato un anno travagliato dal conflitto russo-ucraino, capace di condizionare fortemente i costi della vita e diventando una delle cause del caro bollette. Un argomento che ha provocato numerose conseguenze negative sulla vita quotidiana di famiglie e aziende, e anche l’universo radiofonico ha dovuto mettere una pezza dove riusciva.
Anche le radio infatti sono dovute correre ai ripari per evitare chiusure improvvise e garantire il proseguimento delle trasmissioni, evitando così di perdere ascoltatori e lavoratori. Il peggio sembra ormai passato, ma le emittenti continuano a restare vigili sul prossimo futuro, anche perché ora la strategia impone di ricompattarsi dopo le macerie prodotte dal caro bollette. Ne abbiamo parlato proprio con alcune emittenti italiane.
Da cosa dipende il caro bollette?
Prima di leggere e scoprire come alcune radio italiane hanno affrontato il caro bollette, spieghiamo brevemente cos’ha causato questa crisi. Sicuramente, il dito va puntata sulla guerra in Ucraina, conflitto bellico capace di inflazionare il costo della vita sotto svariati aspetti. Tuttavia non è l’unico colpevole di fronte allo sfacelo che abbiamo subìto, ma possiamo identificare altre due macro-cause: lo squilibrio tra la domanda e offerta dell’energia elettrica, drastica conseguenza della fine dei lockdown della pandemia da Covid; le condizioni meteo dell’inverno 2021, particolarmente rigido.
Le storie delle radio contro il caro bollette
Al fine di raccontare i costi patiti dalle emittenti italiani e le soluzioni introdotte per evitare la chiusura definitiva dell’azienda, abbiamo contattato alcune radio per scoprire com’è stato affrontato il caro bollette. Daniele Romano di Radio Amore Campania ci ha spiegato che i costi sono lievitati enormemente, passando dai “2.500 euro nel 2019 che pagavamo mensilmente per tutti gli impianti a 60mila euro da marzo a novembre 2022, compreso”.
Un picco registrato ad agosto 2022 che, secondo Romano, non è stato coperto in maniera adeguato dalle misure del governo Draghi: “Le reputiamo insufficienti. Abbiamo avuto solo un credito d’imposta di 1.600 euro. Hanno previsto questo credito nell’ultimo trimestre 2022, ma gli altri mesi sono stati esclusi. Noi siamo rientrati solo sul finale, quando Draghi ha detto di abbassare la soglia a 3 e mezzo se non sbaglio. E soprattutto, tu vai applicare un credito d’imposta nell’ultimo trimestre quando l’aumento era già avvenuto a fine 2021″.
E anche se l’esecutivo è cambiato, l’incertezza per il futuro regna sovrana: “Ho votato Meloni perché la reputo vicino alle aziende, il Centrodestra così dovrebbe essere, ma al momento non vedo sbocchi. Abbiamo lavorato grazie al credito d’imposta legato alla pubblicità radiofonica, ma so bene che dal 2023 il credito per radio e tv è stato soppresso. Hanno parlato di incremento sui contributi del MISE, ma se ne parla l’anno prossimo”.
A questo punto non resta altro da fare che sopravvivere contando sulle proprie forze: “Abbiamo ridimensionato tutti gli impianti, portandoli al mimino sindacale per poter trasmettere e per permetterci da un lato leccare le ferite, dall’altro per non chiudere successivamente. Siamo stati costretti a mettere un freno perché altrimenti avremo accumulato debiti troppo grossi“.
Dello stesso avviso è Antonio Giardullo di Radio Alfa, il quale ci ha raccontato di aver visto lievitare i propri costi di energia in maniera impressionante: “Da una media di 100mila euro all’anno a 400mila all’anno, in riferimento ad agosto 2022″. Ora non resta che aspettare per vedere se il futuro sarà ancora così grigio, e sulla richiesta per il credito d’imposta “ancora niente”.
Così, anche in questo caso, l’emittente si è rimboccata le machine: “Abbiamo fatto degli investimenti tecnologici“, come “nuovi trasmettitori a basso consumo e l’abbassamento delle potenze in orari notturni”, ma la speranza è che il caro bollette “scali un pochino, di modo che recuperiamo l’investimento che abbiamo fatto: abbiamo dovuto spendere 800mila euro di impianti nuovi”.
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