In Italia e all’estero la radio è ancora oggi tra i media più utilizzati per conoscere e ascoltare la musica. Il ruolo del mezzo radiofonico è di fondamentale importanza per supportare l’arte e la crescita culturale di un Paese. C’è chi, parlando di tutelare la scena musicale nazionale, crede sia necessario assicurare una certa presenza di canzoni in lingua nei palinsesti radio. E chi, già da molti anni, ha pensato di imporre il sistema delle quote per legge, come succede ad esempio in Francia. Anche in Italia si è parlato più volte di questo aspetto perciò è interessante confrontare, facendo riferimento all’attualità, il modello legislativo francese e la proposta italiana, mettendone in evidenza limiti e vantaggi.
Il modello francese
In Francia esiste una legge che obbliga le radio a trasmettere una certa quota di canzoni in lingua francese, il cosiddetto “sistema delle quote”. Si tratta della Legge Toubon (da Jacques Toubon, ministro della cultura del governo Balladur), che dal 1994 si pone, tra gli altri, l’obiettivo di tutelare la musica nazionale passando circa il 40% di brani in lingua francese nella programmazione musicale giornaliera.
Se da un lato questo ha permesso agli artisti francesi di avere uno spazio “di diritto” da parte di uno dei mezzi più popolari e usati dalle persone per ascoltare musica, negli anni si è evidenziato come la musica francese non abbia giovato di questa legge come si sperava. Il risultato, di fatto, è stato in alcune circostanze quello di un impedimento alla diversificazione di generi e suoni tra le emittenti radiofoniche. Secondo i dati del Syndicat national de l’édition phonographique, tra il 2003 e il 2014 c’è stato addirittura un crollo della produzione di musica francofona vicino al 67%. Questo spiega come il sistema delle quote non basti a tutelare la musica nazionale ed evidentemente non prende in considerazione i gusti del pubblico e le dinamiche della fruizione musicale, oggi in continuo stravolgimento rispetto al passato.
Le proposta di legge in Italia
Da noi, nel febbraio 2019, l’allora presidente della commissione Trasporti e telecomunicazioni della Camera ed ex direttore di Radio Padania, Alessandro Morelli, presentò una proposta di legge che puntava a trasmettere almeno un terzo della programmazione giornaliera delle radio di repertorio musicale italiano. Le emittenti radiofoniche (nazionali e private) avrebbero così riservato una quota fissa alla produzione musicale italiana, «opera di autori e di artisti italiani e incisa e prodotta in Italia, distribuita in maniera omogenea durante le 24 ore di programmazione».
La proposta non ha avuto seguito, ma in Italia il dibattito sulla quota di musica nazionale nelle radio torna ciclicamente sul piatto.
Ha senso imporre il sistema delle quote nei palinsesti radio italiani?
Nel nostro Paese diverse emittenti scelgono, da linea editoriale, di trasmettere solo musica italiana, mentre altre programmano solo brani internazionali. Sulla base di questo, vale la pena riflettere sul fatto che la legge francese nacque in un contesto in cui nella top 50 dei singoli c’erano solo 7 canzoni in lingua. Al contrario, in Italia non c’è un reale problema di minoranza. Sono sempre di più infatti le canzoni in italiano che arrivano al cuore del pubblico, probabilmente anche grazie alle ultime edizioni del Festival di Sanremo che premia la musica italiana ed è anche diventato decisamente pop. In fatto di leggi e tutela della musica, vista la predominanza dei grandi colossi delle etichette discografiche, forse sarebbe opportuno pensare ad una legge che tuteli maggiormente le etichette indipendenti e gli artisti emergenti, che difficilmente hanno accesso alla diffusione dei loro brani nelle radio.
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