Interviste

“La radio è un laboratorio straordinario”: intervista a Stefano Bragatto di Radio Monte Carlo

today13 Dicembre 2017

Sfondo

Stefano-Bragatto-Radio-Monte-Carlo-intervista-consulenza-radiofonicaDal telefono esce una voce calma e serena, una tonalità indebolita dalle peripezie della giornata, ma forte nel mostrare la felicità e l’amore per il proprio lavoro. “Posso darti del tu, dott. Stefano Bragatto?”, chiedo con estrema pacatezza. “Devi”, mi risponde lui con sincerità. Così comincia una stimolante e interessante chiacchierata sulla radiofonica italiana, affrontando diversi punti nevralgici di questo strumento di comunicazione, dai fatti più recenti ai sogni di speranza di chi vorrebbe intraprendere una carriera simile a quella del direttore dei programmi di Radio Monte Carlo.

Cosa significa dirigere una grande azienda come Radio Monte Carlo?

È una grande responsabilità. Vuol dire un confronto giornaliero e quotidiano con le esigenze e le segnalazioni dei nostri ascoltatori, capire quelle che sono anche le loro aspettative. È anche un confronto con l’editore, ovviamente, e poi con tutti i miei collaboratori. Considero la radio un laboratorio dove chiunque ha la facoltà di fornirmi pareri, consigli, critiche, commenti. Sollecito spesso i miei collaboratori in questo, perché sono convinto che tutti – visto che siamo riusciti a trasformare la nostra passione in un lavoro – abbiano delle idee e delle proposte. Sono sempre attento a tutto quello che mi viene detto, soprattutto dai nostri ascoltatori. È una responsabilità saper gestire tutti i flussi d’informazione che arrivano, si tratta di un confronto continuo. Vuol dire essere attenti a tutto ciò che succede all’interno della radio, e anche a quello che fanno i competitors.

A proposito del mondo degli ascoltatori: avrai sicuramente seguito le vicende legate ai dati d’ascolto, ci sono state diverse chiacchiere anche sulla modalità di campionamento. Volevo conoscere il tuo parere in merito alla vicenda, visto che casi come questo possono determinare la vita stessa di una radio.

Certo, la vita di una radio e gli stipendi delle persone. Questi dati muovono flussi di denaro notevoli, perché se una radio perde o guadagna ascolto, uno spot può essere o meno venduto a maggior prezzo e così via. Quello che trovo abbastanza triste è il fatto che gli editori e i direttori delle radio ricevano i dati di ascolto con così tanto ritardo. Abbiamo adesso ricevuto un primo semestre, che non è un primo semestre perché riguarda – se non ricordo male – dal 4 maggio al 9 ottobre. Poi, ad agosto abbiamo ricevuto quelli del primo trimestre che non erano validi. Perciò, quali feedback può avere un direttore o un editore di programmi? Difficilissimo, quasi impossibile. Non sai se la strada è giusta o sbagliata. Il fatto stesso che i primi dati del primo trimestre 2017 non siano stati ritenuti validi, fa pensare e ci deve far riflettere. Non entro neanche nella metodologia con la quale viene condotto il tutto, ma trovo veramente assurdo che i dati vengano rilasciati a distanza di tanto tempo. Facciamoci una domanda.

Stefano-Bragatto-radio-monte-carlo-intervista-consulenza-radiofonicaA fronte di tutta questa vicenda, e tenendo anche conto dei contenuti radiofonici, secondo te che stagione sta vivendo la radiofonia italiana?

La radiofonia italiana continua ad avere un buon periodo, perché sono moltissimi gli italiani che ogni giorno ascoltano la radio, che si stanno sempre più diversificando. Ci sono tante radio con proprie identità: ci sono le personality radio (Deejay, 105), le radio di flusso (RDS, un po’ RTL), poi c’è la radio rock, la radio di musica italiana. È comunque un periodo lunghissimo e meraviglioso, nonostante l’avvento di Spotify, Youtube, del web, dei social. Ma la mattina o quando si ritorna dal lavoro, le persone salgono in auto e ascoltano la radio – visto che l’80% dell’ascolto avviene in automobile. E questo è un dato meraviglioso. C’è Zucchero che dice: “Il blues non morirà mai”. Stessa cosa, la radio non morirà mai.

Lo diceva anche uno speaker di Radio2. Me lo ricordo perché, in una mia tesi di laurea sul confronto tra radio FM e web, citai proprio questa frase e il concetto che, se ci dovesse essere una nuova guerra mondiale o un’apocalisse, la radio sarebbe l’unico mezzo a restare in vita.

Certo, nel periodo di guerra la radio era un mezzo di propaganda. È uno strumento di comunicazione incredibile, ti raggiunge ovunque e qualunque cosa tu stia facendo. Mentre la televisione ti inchioda davanti lo schermo, la radio è lì anche se sei in viaggio. Tu non potresti guidare e guardare la televisione allo stesso tempo, non potresti neanche lavare i piatti [ride]. Con la radio, invece, ti fai la doccia, fai l’amore con la tua fidanzata, sei in macchina… la puoi ascoltare sempre. La radio è un mezzo assolutamente straordinario, e non morirà mai. Anche nel web è così. Io vedo le web radio non dico di buon occhio, ma di più. Perché non ci sono più le radio locali, quelle piccole, quelle cittadine, dove alla fine degli anni Ottanta ho cominciato a fare la gavetta. E allora i giovani talenti si stanno giustamente facendo le ossa grazie alle web radio, che comunque è un mezzo meraviglioso dove si fa radio.

Appunto, nelle web radio ci sono tanti giovani che provano a entrare nel mondo delle FM. A tuo avviso, qual è la regola che bisogna seguire per non perdere tale speranza?

Se è vero amore e vera passione, io sono dell’avviso che volere è potere. Bisogna continuare a lavorare mossi dalla passione e dall’amore per questo mezzo, ascoltare tutta la radiofonia in generale, in modo tale che uno sappia muoversi, capire e apprendere e far propria un’idea, rielaborandola. Avere coscienza di che cos’è la radio in generale, ascoltando cosa fanno gli altri e conoscere il terreno in cui ti muovi. E poi essere se stessi, non uniformarsi, far uscire la propria personalità. Io ho iniziato a fare radio ascoltando 105 e RDS negli anni Ottanta, ascoltando i maestri, chiedendomi perché facevano una cosa e non l’altra. Certe regole le ho fatte mie, poi le ho rielaborate e sono andato per conto mio. Però se c’è passione e volontà, ci si arriva.

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Intervista a cura di Angelo Andrea Vegliante

Scritto da: Angelo Andrea Vegliante

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