Incitare una folla da stadio composta da 80mila persone è qualcosa di adrenalinico che Marlen Pizzo non avrebbe mai pensato di provare se non avesse incontrato la radio. Questa, per via della partnership tra Inter e RDS, è solo una delle capacità trasformate in avventura dalla conduttrice partita dal teatro, passata per l’Academy e arrivata in uno dei network più importanti d’Italia con tutta l’intenzione di trasferire al pubblico una spontaneità maturata nel tempo.
Negli ultimi anni l’Academy di RDS ha sfornato talenti radiofonici: come ti senti a essere tra questi?
In realtà la mia è una storia particolare: sono entrata all’Academy, ho fatto poche prove e sono uscita. Ho sbagliato e sono stata eliminata. Forse è stato meglio così visto che pochi giorni dopo mi hanno chiamata a Dimensione Suono Due (ora Dimensione Suono Soft ndr), quindi ho dovuto imparare la radio da un altro punto di vista. È stato molto formativo, ero terrorizzata dalla gestione del mixer e del microfono tutto da sola. Per un diesel come me è stato importante fare questo percorso.
Parlando dell’Academy, era l’ultima cosa che avrei voluto fare. È stata una botta di fortuna. Mi ero fatta da parte dal mondo dello spettacolo, avevo messo uno stop perché sapevo di dover cambiare direzione. Dunque ho cambiato città e lavoro, poi mi sono trovata a 31 anni a fare un programma Tv, cosa che non avevo assolutamente preventivato.
Quindi è meglio non avere aspettative radiofoniche.
Ho avuto la conferma che quando ti accanisci troppo non va bene, tutti i provini andati male sono quelli su cui mi sono accanita. Aiuta affrontare le cose con maggiore leggerezza, avere quindi l’atteggiamento di chi è lì per godersi il momento. Ancora oggi è un metodo che cerco di applicare, ma non sempre mi riesce.
Però è difficile adottare questo atteggiamento.
Difficilissimo. Un trucco può essere quello di avere uno spirito umile anche se l’umiltà è un po’ fuori moda.
Temo che sia frequente la perdita di umiltà soprattutto nei piccoli ambienti.
A volte ci sono dei signori nessuno – forse anche consapevoli di esserlo – che si danno un tono per necessità di dimostrare d’esser validi. Ma quando uno è grande perde questa necessità o comunque la vive in altra maniera.
Definisci la radio “un gioco bellissimo”. Aggiungerei il messaggio gioca responsabilmente.
Questa definizione appartiene al primo periodo di RDS. Adesso direi che è una grossa responsabilità anche se RDS è una radio di puro intrattenimento, e mi rendo conto di quanto sia difficile fare intrattenimento in certi giorni. Per esempio, ero in onda quando è caduto il ponte di Genova. In momenti simili non puoi fare finta che il tuo umore sia diverso da quello di chi ti ascolta e ti poni mille domande su quello che devi dire e come devi farlo.
Come hai affrontato la diretta con la tragedia del ponte in atto?
Ricordo di aver letto un commento su Facebook, a volte è proprio dai social che arrivano le breaking news. Era il 14 agosto e c’era un clima festaiolo, poi ad un tratto: “ragazzi, ma è caduto un ponte!”. Abbiamo cercato di moderare i toni festosi senza però creare allarmismo. Dovevamo prima capire cos’era successo e come modificare la comunicazione. In quei giorni molti colleghi erano in ferie, c’erano pochi giornalisti. La redazione cercava di intervenire il più possibile e quando è uscita ufficialmente la notizia abbiamo invitato alla massima attenzione alla guida nella zona interessata, specificando che avremmo comunicato aggiornamenti. Ricordo che abbiamo interagito con le persone parlando di Genova, tirando fuori ricordi. Ci ha scritto un papà dicendo che lo aveva appena chiamato la figlia per ricordare insieme a lui, con grande commozione, una gita bellissima fatta a Genova, raggiunta proprio passando dal Ponte Morandi.
Torniamo a noi: c’è chi pensa che i conduttori con formazione recitativa abbiano difficoltà in radio.
È vero che vengo dal teatro, ma in passato ho fatto anche web radio, quindi diciamo che per fortuna in qualche modo il linguaggio radiofonico non mi era completamente sconosciuto. Nonostante questo, riconosco esserci il preconcetto che se sei un’attrice parlerai in maniera impostata. È la prima cosa che mi hanno criticato al provino per l’Academy.
Questa è la prossima domanda.
Appunto! Al provino però non c’era l’attrice, quella era proprio Marlen che se la faceva sotto (ride ndr). Una volta capito che dai di più se sei spontaneo tutto va liscio. Quando sei terrorizzato ti appoggi alla tecnica, il respiro e la dizione, e cerchi di fare il tuo. Niente di più, niente di meno.
Da quel provino credo che tu sia radiofonicamente cambiata.
Su quel provino avevo puntato tutto, arrivava in un momento particolare della vita e quindi doveva andare bene per forza. Avevo un’ansia terribile, ho imparato a memoria il pezzo, quindi non poteva che risultare legato e impostato. Poi una volta in onda è arrivata la “scuola Paolo Piva”. Lui è stato il mio primo collega e all’inizio non è stato semplice conoscersi, capirsi e trovare un feeling avendo storie ed esperienze molto diverse. Confrontandoci continuamente ho capito qual era la direzione da prendere, ho preso confidenza con il mezzo e con quello che volevo uscisse di me. Io non sono questa, voglio che la gente veda e senta altro.
Quindi chi vuoi ringraziare?
Sarà banale, ma i miei genitori. Non mi hanno mai favorita, ma sempre sostenuta. Presto hanno riconosciuto che la mia strada, anche se difficile, era in campo artistico e mi hanno spinta a percorrerla. Quando sono scesa a Roma per Dimensione Suono Due non avevo possibilità di restare e stavo per rinunciare. Mio padre mi ha aiutata. Entrambi poi sono da sempre molto diretti e sinceri: oggi ti ho ascoltata un po’, ma poi ho spento perché mi stavi annoiando. Cavoli! È dura sentirselo dire, ma anche importante. Pure le persone negative sono importanti. Sono gli ostacoli stessi che ti spingono a saltarli per andare oltre e crescere, migliorandosi in continuazione.
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