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Gli aggregatori radiofonici: un nuovo modo di ascoltare la radio

today26 Giugno 2017 1

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Proseguiamo con l’ormai consueta rubrica avviata su queste pagine nell’ambito della collaborazione intrapresa da Consulenza Radiofonica con Consultmedia , prima struttura italiana di competenze a più livelli in ambito mediatico.
L’appuntamento, lo ricordiamo, riguarda le problematiche tipiche del settore radiotelevisivo trattate dall’avvocato Massimo Lualdi, partner cofondatore di MCL Avvocati Associati , law firm specializzata in diritto delle comunicazioni che gestisce in maniera esclusiva l’Area Affari legali di Consultmedia.

L’argomento di oggi sono

Gli aggregatori di flussi streaming radiofonici

In generale, col termine aggregatore, in informatica, si intende un concetto molto diffuso, delineando qualsiasi software o applicazione web che ricerca informazioni o contenuti sulla rete e poi li ricompila e ripropone in forma aggregata per una migliore fruizione. In termini aziendali, invece, viene chiamato “aggregatore” di servizio, ed utilizzata la stessa logica: sono offerti più servizi, anche di diverso genere, in un unico “contenitore”, che sia una qualsiasi azienda o un qualsiasi operatore.
Nel merito settoriale, ribadendo che per molti anni ancora l’infrastruttura FM e la modalità “uno a molti” godranno di ottima salute, è innegabile che nel contesto digital nuovi servizi stiano sfidando la storica leadership della Radio nella diffusione di contenuti audio.
In auto, dove il mezzo sviluppa il 70% dei suoi ascolti, Apple CarPlay e Google Android Auto sono già disponibili su oltre 100 modelli, entro il 2020 il 20% saranno “connected car” e l’uso di smartphone per ascoltare contenuti audio cresce in tutto il mondo: accedere ai classici tasti delle memorie dell’autoradio sarà sempre meno immediato.
Anche in casa, dove la classica radio FM è spesso già sostituita da altri dispositivi in grado unicamente di ricevere in streaming quali, oltre allo smartphone, gli speaker Wi-Fi e le TV, la comparsa a breve di Amazon Echo e/o Google Home rivoluzionerà ulteriormente le abitudini di consumo di contenuti audio, come accaduto nei Paesi in cui sono già presenti.
Al di fuori della “comfort zone” FM è dunque vitale farsi trovare con facilità dagli ascoltatori e per quanto sia uno strumento indispensabile specialmente a fini di marketing e commerciali, non è più neanche sufficiente avere la migliore app del mondo confidando sulla forza di attrazione del proprio brand.
In questo nuovo scenario competitivo lo strumento più efficace per sostenere la rilevanza della Radio si sta per l’appunto rivelando essere l’aggregatore, che introduce nel nostro mondo un modello consolidato e vincente tipico della dimensione digitale, si pensi ad esempio ai servizi di booking turistici o ai comparatori di prezzi.

Ma è davvero sufficiente riunire alcuni flussi streaming per contrastare efficacemente aziende dalle enormi risorse come Spotify, Apple, Amazon, Google e Facebook?

Crediamo di no.Affrontare il tema unicamente dal punto di vista tecnologico, attività in sé non troppo complessa, come confermato dall’ampio numero di servizi di questo tipo disponibili negli store digitali, non consente di inquadrare la problematica nella sua valenza strategica, considerando – soprattutto, ma non solo – la titolarità dei contenuti e l’essenziale loro valorizzazione economica.
Quale modello di ricavi le emittenti possono implementare con un aggregatore? Che senso ha concedere i propri contenuti – o non accorgersi che sono prelevati – a soggetti estranei alla radiofonia che alimentano il loro business drenando risorse?
Solo un’alleanza strutturale di molti player eterogenei della radiofonia mondiale può creare la soluzione integrata con cui contrastare la potenza dei “nuovi” competitors nella gara a conquistare e valorizzare economicamente l’attenzione dell’utenza.
Secondo EBU, Radio Player è tale soluzione, con la sua tecnologia sviluppata a beneficio di editori e utenti della Radio.
Nei Paesi in cui è già presente, Radio Player ha sensibilmente aumentato la share del mezzo nel contesto digitale a pochi mesi dal lancio, avviando un circolo virtuoso da cui l’intero settore ha tratto benefici, anche in termini economici.
Radio Player Worldwide è l’organizzazione senza scopo di lucro che ne promuove l’adozione su scala globale al fine di stabilire standard tecnici comuni e dotare l’industria radiofonica mondiale di un approccio unificato verso i costruttori automobilistici e i produttori di device.
TuneIn, l’aggregatore statunitense con grandi ambizioni, fondato nel 2002 da Bill Moore offre un bouquet di libero accesso, costantemente aggiornato per la fruizione attraverso i sistemi operativi eterogenei delle smart tv e degli smartphone in primis.
Ad oggi sono veicolate sulla piattaforma TuneIn 150.000 stazioni a beneficio di 60 mln di utenti mensili che possono scaricare oltre 5,7 mln di podcast e audiolibri, con una compatibilità pressoché assoluta con i sistemi operativi che permettono la fruizione dell’app multilingue su 200 device su tutte le smart-tv e sulle consolle Xbox, Ouya e PlayStation 3 e 4.
TuneIn ha recentemente manifestato l’intenzione di rafforzare le partnership internazionali per la realizzazione o il consolidamento di singoli aggregatori nazionali sotto il proprio cappello, anche se è lecito attendersi una campagna acquisti di collettori già radicati sui singoli territori (o la definizione di strategiche joint venture).
Tra gli aggregatori più evoluti in termini tecnologici, TuneIn ha fino ad ora definito partnership con i principali fornitori di contenuti, società sportive di tutto il mondo, tra cui Major League Baseball, National Football League, National Basketball Association e National Hockey League. TuneIn è sostenuta da Institutional Venture Partners, Sequoia Capital, Google Ventures, General Catalyst Partners ed Icon Ventures.
Ora, su TuneIn stanno puntando gli occhi in molti, consapevoli del ruolo strategico che esso rivestirà connotandosi come il Google delle radio nell’era delle tariffe flat per gli smartphone, del Wi-Fi gratuito nei luoghi pubblici su disposizione UE, della riforma della gestione del roaming in ambito europeo, dell’implementazione della banda larga mobile con le small cell 5G e le nuove reti ad alta capacità, della radio ibrida e delle autovetture interconnesse e sue potenzialità sono infatti enormi.
Già pronto per la ricerca vocale delle stazioni, TuneIn potrebbe anche diventare anche uno strumento per le rilevazioni degli indici d’ascolto e, secondo qualcuno, anche un centro media internazionale per lo smistamento delle pubblicità sulle varie emittenti.
TuneIn non chiede nulla agli editori ma gestisce in esclusiva la pubblicità visiva ed in autonomia alcuni parametri di catalogazione. La cosa non va tuttavia a genio ad alcuni big player radiofonici europei, che hanno minacciato di abbandonare la piattaforma se addirittura non lo hanno già fatto.
Emblematico il caso della Radio-Télévision Belge de la Communauté Française (RTBF), l’azienda pubblica nazionale radiotelevisiva della regione meridionale francofona del Belgio, che si affianca all’altra emittente belga di lingua fiamminga, la Vlaamse Radio-en Televisieomroep (VRT), operante nella zona settentrionale del paese e alla stazione di lingua tedesca BRF.
RTBF gestisce 3 canali televisivi e sei stazioni radiofoniche ed è entrata in conflitto con TuneIn dopo che l’aggregatore ha iniziato a commercializzare in forma massiccia pubblicità visiva sui flussi streaming delle sue radio attraverso una concessionaria con sede in Belgio. Il peso di TuneIn sull’ascolto streaming di RTBF è nell’ordine del 10% del traffico e quindi estremamente rilevante.
Problemi simili anche per la citata VRT, che, tra le altre, edita Ketnet, una stazione web (e tv) per bambini: in Belgio la pubblicità ai minori è vietata, ma TuneIn la vende prima del flusso del canale.
La strategia di RTBF è quella di spingere lo sviluppo di Radio Player versione belga e di competere con gli aggregatori internazionali. Tattica replicata in Italia, dove Radio Player dovrebbe giungere a breve ma dove è anche già partito l’aggregatore ibrido (FM/IP) di 22HBG.
Quest’ultima società vicina ad Elenos e ad Itelco ha lanciato nei mesi scorsi l’aggregatore FM World, mutuato dal noto portale informativo dedicato alla radiofonia fondato quasi venti anni fa.
Sull’aggregatore di FM World sono già presenti le principali stazioni FM italiane e le più importanti Web Radio, che, in cambio dell’ospitalità, secondo un circolo virtuoso, favoriscono il download dell’app che ha già raggiunto numeri decisamente rilevanti. Di fatto FM World è la prima piattaforma per la radio digitale IP italiana con ambizioni ibride.
Altri aggregatori di rilievo sono: My Tuner (40.000 stazioni), Internet Radio (39.000 stazioni), Radio.it (30.000 stazioni), Radio Guide, Streema (10.000 stazioni), Web Radio Italiane, Radioteam.eu (1100 stazioni). Funzioni aggregatrici sono poi svolte indirettamente da iTunes per conto di costruttori di IP Radio. Diverso il caso di aggregatori captive, sul modello di quello di iHeart Radio che in Italia trovano un parallelismo pressoché unico nel portale Unitedmusic.com del gruppo Mediaset, probabilmente il gruppo radiofonico più impegnato sotto il profilo IP.
Allo stato tutte le radio nazionali italiane, le superstation, le maggiori emittenti e gran parte delle stazioni minori e delle web radio sono presenti sui principali aggregatori. Diversa invece la presenza su aggregatori di secondo livello: in questo senso si registra una presenza massiccia solo di Radiomediaset, RTL e di Kiss Kiss.

Post a cura di Massimo Lualdi e di Mirko Lagonegro di DigitalMDE per Consulenza Radiofonica La Professionalità On Air, col contributo contenutistico di Newslinet.com

Scritto da: Consulenza Radiofonica

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