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Il diritto d’autore in radio alla luce della diffusione sovranazionale

today10 Luglio 2017

Sfondo

Proseguiamo con l’ormai consueta rubrica avviata su queste pagine nell’ambito della collaborazione intrapresa da Consulenza Radiofonica con Consultmedia , prima struttura italiana di competenze a più livelli in ambito mediatico.

L’appuntamento, lo ricordiamo, riguarda le problematiche tipiche del settore radiotelevisivo trattate dall’avvocato Massimo Lualdi, partner cofondatore di MCL Avvocati Associati, law firm specializzata in diritto delle comunicazioni che gestisce in maniera esclusiva l’Area Affari legali di Consultmedia.

 

L’argomento di oggi riguarda il diritto d’autore alla luce della diffusione sovranazionale:

lo strumento del geo-blocking

L’ingresso massiccio sul mercato degli aggregatori per l’ascolto delle radio online attraverso le soluzioni a bouquet e mosaico comporterà, da parte delle emittenti, il progressivo disinteresse allo sviluppo di autonome app per l’ascolto in streaming delle proprie trasmissioni sui vari device con tecnologie eterogenee, che impongono un continuo aggiornamento a fronte di sempre maggiori vincoli per l’accesso agli store dei sistemi operativi (1) . D’altra parte, è impensabile che un utente possa saturare il proprio dispositivo (2) di singole app per ciascuna delle emittenti ascoltate.

Statistiche alla mano, infatti, l’utente tipo mediamente ascolta da 6 a 35 stazioni, ragion per cui è evidente che possa privilegiare l’installazione di

una singola app che funga da aggregatore.

Lato emittente, essere presenti su una piattaforma aggregatrice determina il vantaggio di non dover costantemente aggiornare la propria app in funzione delle modifiche dei sistemi operativi, con particolare riferimento a quelli variegati delle smart tv.

Ma non è questo il solo vantaggio.

Il Comitato Economico Sociale Europeo (CESE) ha da poco (3) espresso il proprio parere su due importanti documenti elaborati in sede comunitaria sul diritto d’autore: la «Proposta direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto d’autore nel mercato unico digitale» e la «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio che stabilisce norme relative all’esercizio del diritto d’autore e dei diritti connessi applicabili a talune trasmissioni online degli organismi di diffusione radiotelevisiva e ritrasmissioni di programmi televisivi e radiofonici“.

E’ evidente che l’ascolto oltre confine di contenuti tutelati (4) , per i quali le stazioni hanno l’autorizzazione all’impiego 5 solo nazionale espone in astratto le stesse alla presentazione di conti salati dagli enti collettori di diritti negli altri stati sovrani dove ha luogo la diffusione.

La soluzione a tale problema, salva l’acquisizione di licenze sovranazionali 6 , non può che consistere nel geo-blocking, cioè una misura di protezione tecnologica attraverso la quale l’accesso ai contenuti Internet è limitato in base alla posizione geografica dell’utente. In uno schema di geo-blocco, la posizione dell’utente viene calcolata utilizzando tecniche di geolocalizzazione, ad esempio controllando l’indirizzo IP dell’utente o su una lista nera o in una lista bianca. Il risultato di questo controllo viene utilizzato per determinare se ilsistema approverà o negherà l’accesso al contenuto.

Il geo-blocking è comunemente utilizzato per limitare l’accesso ai contenuti multimediali premium su Internet, quali film e spettacoli televisivi, principalmente per motivi di copyright e licenze (7) .

La gestione di un sistema protettivo di tale natura da parte della singola emittente è complicata e molto costosa, mentre collocata all’interno di un aggregatore evoluto (8) sarebbe di norma gratuita. In tal senso stanno lavorando i principali aggregatori mondiali (9) e nazionali (10) .

Lato aggregatori, va invece tenuta in debita considerazione una recentissima sentenza (11) della Corte diGiustizia Europea che, decidendo sul controverso caso The Pirate Bay (129 comporterà notevoli conseguenze per gli over the top del web (13) , che ora, quantomeno in Europa, saranno considerati responsabili in solido con gli utenti che violassero il diritto d’autore pubblicando su pagine indicizzate (14) contenuti protetti. Secondo i giudici comunitari, infatti, “La fornitura e la gestione di una piattaforma di condivisione online di opere protette (…) possono costituire una violazione del diritto d’autore anche se le opere sono messe online da utenti”.

Pur ammettendo che le opere sono state messe online dagli utenti, la Corte ha sottolineato nel provvedimento che gli amministratori della piattaforma svolgono un ruolo imprescindibile nella loro messa a disposizione (15) .

Per i giudici lussemburghesi “gli amministratori di The Pirate Bay non possono ignorare il fatto che tale piattaforma dà accesso ad opere pubblicate senza l’autorizzazione dei titolari di diritti” e, peraltro, la gestione di una simile piattaforma è realizzata “allo scopo di trarne profitto, dal momento (…) genera, come risulta dalle osservazioni presentate alla Corte, considerevoli introiti pubblicitari”.

 

Se, quindi, è lecito attendersi l’immediata introduzione di filtri di controllo rigidi per prevenire la veicolazione di contenuti protetti da copyright, con conseguenti pesanti restrizioni e presumibili latenze a danno anche degli utenti che postano contributi liberi, anche gli aggregatori di flussi streaming potrebbero rientrare nella casistica al pari di Google e Facebook. Gli aggregatori, infatti, spesso 16 rimaneggiano a vario titolo i flussi, indicizzandoli, integrandoli con metadati accessori a quelli nativi, prerollandoli e inserendovi la display adv. In quest’ottica, alla luce del sopravvenuto orientamento giurisprudenziale comunitario, in capo agli aggregatori potrebbe essere configurata una responsabilità solidale con i content provider di prodotti non muniti di licenza allo sfruttamento di materiale protetto. Considerato che la quasi totalità del materiale coperto da copyright è musicale, è altamente probabile la negoziazione da parte degli aggregatori di accordi sul modello di quello concluso da Youtube con SIAE. Le utilizzazioni attraverso YouTube sono infatti coperte dalla licenza che la SIAE ha contrattato con la piattaforma a/v per questo servizio (17) .

Post a cura di Massimo Lualdi per Consulenza Radiofonica La Professionalità On Air, col contributo contenutistico di Newslinet.com

 

1. Apple in primis;

2. smartphone soprattutto;

3. Gazzetta Ufficiale della UE del 21/04/2017;

4 .come la musica;

5. in termine di diritto d’autore e diritti connessi;

6. peraltro allo studio;

7 .ma anche per prevenire frodi e gioco d’azzardo online, dove le leggi di gioco variano in base alla regione;

8. che lavorerebbe su di una economia di scala;

9. come TuneIn – che intanto è partito anche in Italia in  maniera consistente col digital advertising geolocalizzato – e MyTuner;

10. come FM-World di 22HBG, che peraltro sta studiando a fondo l’aspetto comportamentale degli utenti che, prima facie, appareavere caratteristiche molto più simili alle abitudini televisive di quanto si potesse pensare;

11. 14/06/2015 caso C-610/15;

12. una piattaforma – già finita varie volte al centro di vicende giudiziarie – che consente agli utenti di condividere e di scaricare, in frammenti (torrents), opere che si trovano sui propri computer. I file in questione sono, in gran parte, opere protette dal diritto d’autore, senza che i titolari del diritto abbiano autorizzato gli amministratori e gli utenti di tale piattaforma ad effettuare atti di condivisione;

13. Google e Facebook, in testa;

14. circostanza che prova un intervento senziente delle piattaforme;

15. ad esempio attraverso “l’indicizzazione dei file torrent”;

16. per non dire sempre;

17. Al contrario, non sono coperti da licenza i contenuti che vengono caricati su Facebook e altri analoghi social network. La SIAE non risponde di eventuali blocchi di contenuti dipendenti da contratti tra le singole piattaforme e soggetti terzi titolari dei diritti;

Scritto da: Consulenza Radiofonica

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